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Come ottenere una pratica costante e quotidiana?

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Diego
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Svadhisthana
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Come ottenere una pratica costante e quotidiana?

Ogni tanto capita che venga tacciato di “routine”. Sentendo questa parola, tutti noi, immancabilmente, non possiamo far altro che subire l’associazione mentale che ci è stata imposta al momento della nostra formazione dall’opinione di qualcun altro, un amico spaccone, una star del rock, il personaggio di qualche film cult…invece provando a sostituire “noia” con “ciclicità” si aprono all’improvviso nuovi ed inaspettati scenari: il cosmo è ciclico ed ogni sua componente ed emanazione è tale. Tutti abbiamo dei cicli che vanno ad identificarsi con le abitudini ed i vizi: fumare un pacchetto di sigarette al giorno è un ciclo. Inconsapevolmente, anche le persone dalla “vita spericolata” vivono la loro ciclicità in quanto effettive parti di questo cosmo, fosse il solo loro respirare.

La ciclicità più forte è quella quotidiana. Agisce più in profondità una pratica di dieci minuti fatta ogni giorno che un’ora fatta una volta alla settimana dimenticandosi poi di noi stessi per i seguenti sei giorni. Molte persone, troppe, trovano quasi impossibile riuscire a praticare quotidianamente. Il problema-scusa è sempre quello del tempo a disposizione, ma il vero motivo è che non ci si dà tempo, nel senso che non ci si permette di modificarsi: non ho un’ora al giorno per fare yoga perciò non faccio neppure quei cinque minuti che invece avrei e che tutti hanno. Quei cinque/dieci minuti quotidiani ritengo siano fondamentali, vanno a creare un ponte che consente di collegare i momenti più radi di pratica intensa così formando un continuum, ma soprattutto modificano la vostra ciclicità quotidiana divenendo parte integrante di essa. Possiamo immaginarla come una palla di gomma, con uno intenso sforzo (dico da domani faccio tutti i giorni almeno un’ora di yoga) possiamo cambiarle forma istantaneamente, ma dopo pochi minuti, quando le braccia inizieranno a farci male, lasciandola riprenderà la sua solita forma (e noi la nostra solita vita); sedendoci semplicemente sopra, senza sforzo alcuno (fare poco, ma quel poco fissato sempre), possiamo stare tranquillamente sulla palla per giorni e alzandoci vedremo che rimarrà schiacciata.

Questi cinque/dieci minuti devono diventare un’abitudine, un vizio, una “noiosa” routine; cascasse il mondo ma ogni giorno voglio, e devo farlo, recitare centootto volte Om e fare dieci respirazioni toraciche ujjayi (6sec. esp - 3sec. vuoto - 6sec. ins - 3sec. pieno) (il tutto otto minuti cronometro alla mano) per esempio. Creare il proprio “quanto yogico” e ripeterlo quotidianamente e lasciare che la nuova ciclicità si plasmi trasformandoci con essa…ed il tempo si creerà assieme alla necessità di compiere anche l’undicesima respirazione.
Ma anche se per dieci anni non si riuscisse a far altro che il “nostro quanto yogico”, alla fine si sarà recitato 394416 volte la sacra sillaba e fatto 36520 respirazioni in ujjayi. Sempre meglio di nulla e sicuramente meglio della solita tiritera mentale, questa si ciclica e quotidiana: “anche oggi non ho avuto tempo per fare yoga”.
luminosa
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schiacciare la palla

Quanto è vero ciò che dici!

Sicuramente nella vita abbiamo quei 5 minuti per praticare il nostro "quanto yogico" quotidiano,  ma quanto abbiamo a cuore la modifica di quella palla di gomma?

A volte è il solo pensiero di schiacciare la palla che fa paura...

Grazie per lo spunto di riflessione!!!

 

 

 

 

 

Luminosa

Garuda
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Muladhara
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schiacciare la palla

Ciao Luminosa

[quote=luminosa]

ma quanto abbiamo a cuore la modifica di quella palla di gomma? A volte è il solo pensiero di schiacciare la palla che fa paura...

[/quote]

Ma perché una persona dovrebbe iniziare a praticare yoga se ha paura di cambiare o non vuole cambiare? O sta bene così com'é, beato lui e allora non ha bisogno di nulla, ma se non si sente a suo agio con se stesso, o se sta addirittura male, dovrebbe essere desideroso di cambiare e cambiare più in fretta possibile, non trovi?

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