La Trasformazione Yogenetica
Passava l’anno 1869, quando, in un laboratorio presso la città di Tubinga, nel sud della Germania, Friedrich Miescher mise in evidenza, all’interno di nuclei cellulari, molecole ricche di fosfato che chiamò nucleine. Da quel giorno, l’uomo occidentale, iniziò l’affascinante e pernicioso viaggio sulla strada dell’ingegneria genetica…ma forse, questo viaggio, per alcuni, è iniziato tanto, tanto tempo prima.
Circa un secolo dopo venne presentato su Nature il primo modello accurato della ormai famosissima struttura a doppia elica del DNA. Ricerche sempre più affinate nei periodi successivi hanno svelato la funzione di questa molecola. Il DNA praticamente determina la nostra materialità. Corporatura, colori, aspetto, salute, tutto è registrato in un alfabeto “divino” sulla sua catena. Il nostro essere si esprime alla Natura attraverso sequenze particolari di DNA, i geni, le parole di questa antica ed originale scrittura. Quindi, se paragoniamo per un attimo gli esseri viventi a dei libri possiamo considerare il DNA una lunghissima frase in cui ci sono scritte parole una dietro l’altra. Questa stringa fitta fitta di caratteri è il genoma. Per correttezza, però, dobbiamo anche dire che da un punto di vista funzionale il DNA è molto più simile ad uno stampo su cui altre molecole cellulari prendono forma per portare alle strutture adibite le informazioni corrette alla sintesi delle proteine necessarie al mantenimento della vita. Il genoma è stabile; si nasce, si vive e si muore con lo stesso patrimonio genetico. Solo attraverso condizioni estreme, come l’esposizione a forti radiazioni od infezioni virali, si può modificare. In questo caso si parla di mutazioni genetiche, a volte favorevoli ma per lo più letali, dove la catena del DNA viene spezzata, in parte distrutta, riscritta e/o ricombinata casualmente. Questo è stato per molto tempo l’unico processo riconosciuto dalla scienza ufficiale per spiegare alcuni fenomeni di adattamento alle variate condizioni ambientali riscontrati su vari organismi. Alcuni scienziati, però, avevano da obbiettare su questo fatto considerando il processo di “mutazione genetica” troppo rischioso per essere utilizzato dalla Natura così a cuor leggero. È vero, le mutazioni genetiche sono avvenute e avvengono, ma non sono quelle che possono garantire l’adattamento di una specie ad un ambiente che può mutare in tempi brevi: nota è la storia della farfalla bianca delle betulle che in breve tempo, nella zona di Manchester, si è trasformata adattandosi al nuovo colore dato dall’inquinamento industriale alle cortecce degli alberi su cui viveva divenendo grigia.
Fu merito di Conrad Waddington, che nel 1942 coniò il termine epigenetica, il comprendere che in un organismo vivente, tutto ciò che avviene attorno a lui non necessariamente deve modificare il genoma ma interagisce con la sua espressione. Tornando alla metafora letteraria, il nostro DNA non è un semplice testo su cui sono solo presenti le parole che ci identificano nel momento attuale, ma è un vasto vocabolario su cui sono riportate tantissime parole gran parte delle quali non vengono menzionate. Il complesso delle sole parole, dei soli geni che vengono esplicitati nella nostra corporeità viene definito fenotipo. Nell’epigenetica la visione del DNA come una rigida scala di composti chimici perde valore e subentra una concezione dinamica in cui l’interazione della quotidianità diventa parte integrante dell’evoluzione genetica del fenotipo di una persona. Fondamentale la scoperta per cui il fenotipo è modificabile, ma ancor di più il fatto che la modificazione è ereditabile. Ricerche sono state effettuate su coppie di gemelli omozigoti, quindi geneticamente identici, che separati per molti anni dai casi della vita, si ritrovano completamente diversi tra loro nell’aspetto, nel carattere e nella salute. Le diverse abitudini sviluppate, lavoro e ambiente differente, alimentazione a volte opposta, vizi, gioie e dispiaceri hanno portato alla manifestazione di due fenotipi distinti. Esperimenti condotti su animali a cui era stato imposto un habitat molto differente a quello di nascita hanno evidenziato la perdita di caratteristiche somatiche necessarie alla sopravvivenza nei luoghi originari già nelle seconde e terze generazioni successive. Tutto questo senza alcuna mutazione genetica propriamente detta. Riprendendo il nostro discorso il genoma è un vasto vocabolario contenente miriadi di parole alcune evidenziate (geni codificanti) ed altre no (geni silenti): ma gli evidenziatori usati dalla Natura non sono permanenti, cambia il “modus vivendi”, cambia il modo in cui il genoma si esplicita. Oggi il mio organismo grazie ad una determinata codificazione genetica produce un certo tipo di proteina, un domani potrebbe succedere che andando a vivere in città dalla montagna, oppure cambiando lavoro, che quella proteina non venga creata o che sia elaborata diversamente facendomi ammalare se ero sano o guarire se ero ammalato, semplicemente perché un gene è stato “occultato” ed al suo posto un altro è stato “scoperto” e quindi letto, copiato e riprodotto sotto forma di una "nuova" proteina.
Uno studio pubblicato nel 2008 sulla rivista "Plos One" da un’equipe internazionale di studiosi (http://www.plosone.org/article/info%3Adoi%2F10.1371%2Fjournal.pone.0002576) ha dimostrato con rigore scientifico come la pratica stabile e durevole dello yoga ed altre discipline psicofisiche abbia effetti reali sull’espressione del genoma umano, cioè, va a modificare il fenotipo dei praticanti. L’esperimento è stato condotto su tre gruppi di persone sane di ogni sesso ed età: un primo gruppo formato da persone con una lunga esperienza di pratica, un secondo gruppo di persone con nessuna esperienza a riguardo come controllo ed un terzo gruppo di novizi a cui è stata “imposta” un pratica di 8 settimane. Sono stati acquisiti dagli scienziati i profili dell’espressione genetica (GEP) di ogni partecipante, in più, ai componenti del terzo gruppo, i novizi, l’analisi è stata compiuta sia prima che dopo le otto settimane di pratica ed i dati così ottenuti analizzati e messi a confronto fra loro. Agli studiosi è apparso subito chiaro che tra le mappe genetiche dei praticanti esperti e del gruppo di controllo c’era una notevole differenza: 2209 geni “salutari” si esprimevano in maniera differente. Ancor più importante è stato il risultato del confronto tra le GEP pre e post pratica del gruppo dei nuovi iniziati: dopo 8 settimane l’espressione di 1561 geni è variata. Di questi 1561 geni “modificati”, però, solo 433 geni appartenevano anche al gruppo dei praticanti esperti. Quindi, la pratica dello yoga influenza il fenotipo in tempi rapidi, ma il cambiamento è in continua evoluzione e diventa man mano più profondo con l’interiorizzarsi e l’approfondirsi della pratica. Ma quali sono i geni che si sono “spenti” e quali si sono “accesi”? Lo studio ha dimostrato che le modificazioni del fenotipo hanno riguardato i geni che regolano la risposta allo stress, che controllano gli stati infiammatori, la morte cellulare programmata. I geni continuano ad essere nel genotipo della persona ma divengono silenti: i geni dello stress si spengono non portando più danno all’organismo, non hanno più voce, le cellule si autodistruggono al momento dovuto impedendo così la formazione di tessuti tumorali, il sistema cardio-circolatorio resta in equilibrio prevenendo disturbi cardiovascolari. A malattie autoimmuni, stati infiammatori acuti e cronici e altre sintomatologie dolorose viene tolto il substrato su cui svilupparsi. La buona salute si esprime da dentro.
Più volte nel passato, radicali cambiamenti che alcune persone erano state in grado di indurre al proprio essere furono visti come manifestazione divina o diabolica. “Vitriol”, “Visita interiora tuae rectificando invenies occultum lapidem”, è uno dei più famosi motti alchemici: "visita le profondità del tuo io e, purificandoti, troverai la pietra occulta". Il vero alchimista, non è colui che è passato alla storia per l’assurda ricerca di ciò che potesse trasformare il vile metallo in oro, ma è ogni uomo che sceglie una strada che lo possa portare alla realizzazione. Lo yogin è un vero alchimista che va a trasformare il piombo del suo fenotipo in oro mutandosi in un nuovo essere, fa evolvere il proprio corpo, la propria coscienza, le proprie percezioni e la propria salute. Tutto questo grandi anime vissute sul nostro pianeta hanno cercato di rivelarlo in continuazione ai propri contemporanei; loro vedevano, sapevano, senza bisogno di tecnologici strumenti di ricerca e costosissimi laboratori, attraverso la consapevolezza raggiunta con il loro cammino di pratica e meditazione. L’essere umano ha la concreta possibilità di evolversi, di cambiare, di migliorarsi, può veramente “lavorare su se stesso”, modificarsi da dentro ad una profondità tale da andare a riscrivere la propria espressione materiale direttamente all’origine del proprio sé. Ed oggi anche lo più scettico materialista ha la possibilità di vedere ciò, perché proprio la sua scienza ed i suoi scienziati non hanno potuto non riconoscere tutto questo…buona pratica a voi. Diego Azzaroni