Uchchishta (Uchchiṣhṭa): l’avanzo. Ciò che resta, gli avanzi delle offerte sacrificali. Durante il rituale dellaPrāsada, l’ Uchchiṣhṭa è formata da avanzi di cibo che secondo la dottrina sono in ogni caso impregnati dalla forza divina.
Udbhijja (Udbhijja): uscito dal seme. Secondo la dottrina vedica ci sono quattro modi in cui la vita si manifesta. L’ Udbhijja è il modo proprio delle piante che spuntano dal seme. Gli altri tre modi sono lo spuntare dal sudore (insetti), dall’uovo (uccelli) e dal grembo (mammiferi).
Udana (Udāna): soffio ascendente. È l’energia pranica che fluisce verso l’alto a raggiungere il capo.
Uddhavagita (Uddhavagītā): canto rivolto a Uddhava. Opera bhakti in forma di dialogo tra Kṛṣṇa ed il saggio Uddhava. In essa si trovano classificate dodici yama e dodici niyama.
Uddiyanabandha (Uḍḍīyānabandha): contrazione addominale con sollevamento diaframmatico. Uno dei trebandha principali che si trovano codificati nella disciplina dello yoga. Grazie a questa pratica il prāṇa dopo essere stato raccolto e trattenuto viene spinto verso l’alto attraverso le nāḍī principali. La pratica consiste nell’espirare vuotando completamente i polmoni e una volta aver rilassato la muscolatura addominale si effettua una finta inspirazione in modo che il torace si espanda risucchiando verso l’alto il diaframma e spingendo l’addome contro la colonna vertebrale. Pratica dai benefici fisici notevoli.
Ugrasana (Ugrāsana): posizione fiera. Altro nome di paścimottānāsana.
Ujjayi (Ujjāyī): respiro del vittorioso. Tecnica di prāṇāyāma che comporta una respirazione lenta e profonda a livello toracico. Particolarità caratteristica di questa pratica è la “chiusura” parziale volontaria della glottide, così da parzializzare il flusso d’aria e produrre un rilassante suono.
Ultasadhana (Ulṭāsādhana): cammino al contrario. I nātha, maestri ed i siddha, perfetti, praticano questo percorso in cui vengono invertite le normali tendenze naturali, realizzando così il “portare ciò che è in alto in basso e ciò che è in basso in alto”.
Unmani (Unmanī): la non-mente, arresto della mente. Fine ultimo dello yoga. La non-mente, la cessazione di ogni attività mentale, esperienza al di fuori di ogni visione ordinaria, unmanī è da considerarsi sinonimo disamadhī. Il sadhakā che riesce a raggiungere questo stato trascendentale diventa un “liberato vivente”, unjīvanmukta, oltre il ciclo delle reincarnazioni.
Unmanimudra (Unmanīmudrā): con gli occhi socchiusi ed il viso completamente rilassato concentrare la propria attenzione in ājñācakra, punto posto alla radice del naso tra le due sopracciglia.
Upacara (Upacāra): avvicinamento, azioni di venerazione e servizio. Designa il complesso delle pratiche e degli oggetti utilizzati durante i rituali della pūjā, la pratica dell’adorazione. Esempi di upacarā sono le offerte di profumi, fiori, latte, riso, la prosternazione, il lavaggio dei piedi, le invocazioni fatte alla divinità o alla sua mūrti.
Upadhi (Upādhi): sovrapporre degli oggetti. La mente può essere vista come un limpido cristallo che assume il colore di qualsiasi cosa gli venga posta vicino. Viene definito upādhi nell’ambito del processo cognitivo mentale l’oggetto della conoscenza. Così come il cristallo si colora dell’oggetto a lui sovrapposto, la mente assume la forma dell’oggetto che essa indaga: questa sovrapposizione ci induce a credere di essere ciò che non siamo, a vedere ciò che non è.
Upanisad (Upaniṣad): sedersi vicino a. Le Upaniṣad sono una raccolta di scritti in cui la sapienza dottrinale della filosofia indiana viene esposta. La loro datazione è incerta, da qualche secolo a qualche millennio prima di Cristo, ma la conoscenza in esse contenute è molto, molto più antica. Upaniṣad significa sedersi ai piedi del Maestro ed ascoltare, segno di una arcaica trasmissione vocale diretta da guru a discepolo. Centootto sono le Upaniṣad dette canoniche, ma in totale sono più di trecento. Le più antiche vanno a formare la parte conclusiva dei Veda andando a completare la rivelazione divina.
Upasana (Upāsana): servizio del culto. Attraverso il servizio del culto l’adepto può “sedersi accanto” adĪśvara mantenendo rispetto e devozione per la presenza divina.