"Frequenta sempre persone che possano ispirarti; circondati di persone che ti aiutino ad elevarti" Paramahansa Yogananda


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Hakini (Hākinī): completamente bianca, rappresentata con quattro o sei braccia e sei faccie con tre occhi ognuna, adagiata su un loto, anch'esso bianco, è la Śhakti di ājñā cakra.

Halasana (Halāsana): posizione dell'aratro. Supini, facendo forza con addominali e dorsali si alzano gambe, bacino e schiena fino a portare i piedi a terra al di là della testa, trovandosi così appoggiati solamente sulle spalle, collo e nuca. Il mento va a premere nella forcella clavicolare. Le braccia restano a terra con i palmi delle mani rivolti verso il basso.

Hamsa (Haṃsā): oca selvatica, cigno. Questo termine assume diversi significati. Indica sia il simbolo dell’anima universale che quello dell’anima individuale. Nel particolare l’anima liberata dal ciclo delle rinascite. Con haṃsā viene anche individuata la coppia puruṣa-prakṛtiHaṁ rappresenta il principio maschile e Sa quello femminile. Indica l’ajapamantra non formulato, soffio della vita: ham l’inspiro saḥl’espiro. Preghiera che tutti recitano inconsapevolmente dalla nascita alla morte senza rendersene conto. Nome di una setta di asceti erranti che non potevano fermarsi più di un giorno e una notte nello stesso villaggio.

Hamsasana (Haṃsāsana): posizione del cigno. Postura yogica dove, con grande sforzo, si porta il corpo parallelo al terreno stando appoggiati sulle braccia, palmi delle mani con le dita verso il capo, e i gomiti che fungono da punto di leva premono sull’addome. È una variante di mayūrāsana, dove la mani si tengono con le dita rivolte verso i piedi.

Hamsaupanisad (Haṃsaupaniṣad): upaniṣad del cigno.  Insegnamento dottrinale composto da ventuno strofe dove viene messa in risalto l’importanza del controllo del soffio vitale. Haṃsa è anche l’unione dell due sillabe Haṁ Sa: la prima è il suono che si emette durante l’inspirazione, la seconda corrisponde all’espirazione.

Hanumam/Hanumat (Hanuman/Hanumat): con grandi mandibole. Il re scimmia, fedele servitore di Rama nella guerra contro i demoni. Per questo appellato anche come grande eroe, Mahāvira. Le sue mirabolanti imprese sono raccontate nel Rāmāyana e nella Hanuman-Nātaka, opera in quattordici 14 atti risalente al IX secolo.

Hanumanasana (Hanumanāsana): posizione di Hanuman. Si esegue abbassandosi sul pavimento con le gambe completamente divaricate, una davanti e l’altra dietro a sé: simile alle spaccate dei balletti occidentali. Questa postura dedicata al Signore delle scimmie ne  commemora le sue prodigiose imprese fatte di sforzi e salti incredibili. Cura la sciatalgia e vari difetti delle gambe.

Hari-Hara (Hari-Hara): unione di due epiteti riferiti rispettivamente a Vishnu e a Shiva. E’ attraverso questa formula che la scuola advaita riassume il suo pensiero, cioè l’unità del tutto. Anche le due divinità maggiori dell’induismo sono la stessa cosa.

Hathayoga (Haṭhayoga): yoga dello sforzo. Corrente yogica che attraverso una grande rivalutazione del corpo, inteso come uno strumento sacro e divino, porta alla realizzazione spirituale. L’origine dellohaṭhayoga risale ai primi secoli dello scorso millennio e si individua in Gorakṣanātha il mitico fondatore, la cui figura rimane avvolta dal mistero di cui ci rimane solo un suo scritto, la Gorakṣaśataka, la Centuria di Goraksa. Risulta essere sintesi di alcune tradizioni precedenti tra cui il tantrismo che lo permeapesantemente: si può dedurre facilmente questo anche dall’analisi del termine che lo designa, haṭha. Ha è il sole, rappresentate il principio maschile e piṅgalāṭha è la luna, principio femminile e iḍā, l’unione dei due termini è la consapevolezza della non-dualità che porta il samādhi. La caratterizzazione dello Haṭhayoga è data dalla codificazione di tutta una serie di āsana, non concepite precedentemente, a volte anche complicate, difficili, faticose e spettacolari, che portano l’energia a mobilitarsi e a fissarsi a livello dei diversicakraPrāṅāyāmaṣaṭkarmanmudrā e bandha sono gli altri pilastri della pratica. Gli stati più elevati dellohaṭhayoga si identificano con lo rājayoga.

Hathayoga Pradipica (Haṭhayoga pradīpikā): la lanterna dello haṭhayoga. Trattato composta da 389 versi, diviso in quattro capitoli o lezioni (upadeśa). Attribuita a Svātmārāma, fu scritta presumibilmente intorno al XV secolo. Nel primo capitolo vengono elencati e descritti tredici āsana, nel secondo si tratta il prāṇāyāma e si descrivono gli śaṭkarman, la terza lezione insegna come risvegliare l’energia latente con mudrā e bandha, l’ultimo capitolo si occupa principalmente del samadhi. Alcuni manoscritti riportano un quinto capitolo, composto da ventiquattro versi, che riguarda i possibili disturbi provocati da una pratica errata.

Hayagriva (Hayagrīva): testa di cavallo. Nome di un leggendario gigante che secondo la mitologia indiana rubò i veda dalla bocca di Brahmā mentre questi dormiva alla fine di un ciclo cosmico. Sempre secondo la leggenda fu Viṣṇu trasformatosi in pesce ad uccidere questo daitya e recuperare le sacre scritture.

Himavat (Himāvat): cima nevosa. Nella mitologia Himāvat è la personificazione dell’Himalaya dove viene visto come padre dei fiumi sacri Uma e Ganga. È anche simbolo della suprema manifestazione dell’Essere.

Himsa (Hiṃsā): violenza. Nello yoga l’astensione dalla violenza in ogni sua forma è uno dei cardini della pratica. Hiṃsā crea un pesante karma a chiunque la pratichi direttamente, la causi o l’approvi. Nelle tradizioni spirituali indiane troviamo una deroga a questo precetto assoluto per i guerrieri, i kṣatriyas, in quanto la violenza viene vista come parte integrente del loro dharma, del loro dovere.

Homa (Homa): offerta del fuoco. Rituale vedico in cui il capofamiglia offre al focolare domestico un piccolo obolo consistente solitamente nel versare sul fuoco del burro chiarificato.

Hridaya (Hṛdaya): cuore. Altro nome con cui viene nominato il quarto cakraanāhata, posto al centro del petto. 

Hriddhauti (Hṛddhauti): purificazione del cuore. Ṣatkarman composto da tre tecniche di pulizia della zona toracica. Si parte col la pulizia dell’esofago attraverso l’introduzione nello stesso di steli di alcuni arbusti atti allo scopo (daṇḍadhauti), poi si passa al lavaggio dello stomaco ingerendo acqua salata e rigettandola successivamente (vamanadhauti) e si finisce col la sua pulizia per mezzo di una lunga garza lentamente ingerita (vastradhauti).

 

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